La stanza delle illusioni, è questo il titolo del romanzo che Diego Pitea pubblicherà con AltreVoci Edizioni, un libro giallo che rientra nei canoni classici e che saprà intrigare i lettori.
In che genere inserisci questo tuo nuovo romanzo?
Se dovessi incasellare La stanza delle illusioni in un singolo genere letterario questo sarebbe sicuramente il giallo, il mio preferito. Sono un grande appassionato di romanzi gialli praticamente da sempre, da quando ho memoria.
Ho una libreria piena dei grandi capolavori di S.S. Van Dine, John Dickson Carr, Ellery Queen e di tutti gli altri autori che hanno contribuito al periodo d’oro del giallo. Anche se la scrittrice alla quale mi ispiro maggiormente è senza ombra di dubbio Agatha Christie, la più grande in assoluto. Lei ha scritto i più bei romanzi di sempre, inoltre ha introdotto molti temi affrontati poi da altri scrittori. Quando, parecchi anni fa, decisi di scriverne uno, l’obiettivo che mi prefissai fu quello di avvicinarmi il più possibile alla sua capacità di elaborare enigmi criptici e trame intricate. La stanza delle illusioni, infatti, ha molti riferimenti ai gialli del passato, oltre a citazioni, enigmi e situazioni che ricordano quelle create dalla regina del mistery. Conosco molti appassionati che, come me, da troppo tempo aspettano il ritorno di questo genere meraviglioso e il libro l’ho modellato pensando a loro e a ciò che di più bello ho letto nel passato. Per tale motivo ritengo possa soddisfare anche i palati più esigenti, anche se, soprattutto nella seconda parte, ha elementi che possono andare a genio ai più rigorosi amanti del thriller. Per rispondere alla tua domanda, quindi, La stanza delle illusioni può soddisfare vari tipi di lettori.
Ci racconti a grandi linee chi è il protagonista, lo psicologo Richard Dale? Tra l’altro lo incontreremo anche nei tuoi prossimi libri…
Richard Dale è un personaggio dalle mille sfaccettature. È uno psicologo affetto dalla sindrome di Asperger, un disturbo dello spettro autistico ad alta efficienza, e già da questo puoi ben immaginare quali aspetti contraddittori si porti dietro. Per via del suo disturbo ha un carattere scostante che spesso trascende nella vera e propria misantropia, aspetto che lo fa apparire indisponente e lo porta spesso a scontrarsi con chiunque si trovi in quei momenti nei paraggi, anche se poi le contraddizioni di cui parlavo prima fanno sì che Richard, alla fine, risulti un personaggio amato da tutti perché vero, senza sovrastrutture. Per un caso fortuito inizia a collaborare con l’U.A.C.V., l’Unità Anti Crimini Violenti della Polizia, e da allora viene interpellato ogni qualvolta c’è un caso complicato da risolvere. In questa avventura lo ritroviamo alle prese con la sua prima indagine. Appassionato di scacchi, pittura e matematica e non si separa mai dalle sue amate liquirizie che succhia a ogni ora del giorno. È anche il protagonista del primo libro, L’ultimo rintocco, uscito nell’aprile del 2020 e lo troveremo anche in altri libri della serie. Ti confesso che per creare il personaggio non sono dovuto andare a cercare troppo lontano perché Richard Dale sono in buona parte io. Miei sono i pensieri, i comportamenti e mie sono le sue esperienze. Mi è sembrata la scelta migliore al fine di renderlo il più realistico possibile. Anche i personaggi principali del romanzo sono, inoltre, parzialmente ispirati a persone a me vicine. In questo modo riesco a caratterizzarli in maniera più puntuale, poi ci metto del mio. Ho letto la stessa cosa di Chandler, ma anche Hemingway, Oscar Wilde… la lista è lunghissima. Visti i risultati dei miei predecessori, ritengo sia stata la scelta giusta.
Un altro aspetto interessante di La stanza delle illusioni è l’ambientazione, i fatti del romanzo infatti si svolgono in un luogo molto particolare.
Affascinante, oserei dire. Un luogo che visitai da ragazzo e che mi rimase particolarmente impresso per la bellezza dei paesaggi: le Dolomiti. Inoltre, come nei più bei romanzi gialli del passato, penso a Dieci piccoli indiani o Trappola per topi, non a caso di Agatha Christie, i personaggi si riuniranno in un luogo isolato e di difficile accesso, in questo caso una villa, alla quale si accede attraverso un tunnel scavato nella roccia e posizionata al centro di una foresta circondata da una corona di montagne. Nel corso del romanzo il tunnel verrà bloccato dalla neve e la villa rimarrà isolata dal mondo esterno. Non riesco a immaginare una situazione più ansiogena di questa, quasi da film horror. La stanza delle illusioni ha, inoltre, un’ambientazione nell’ambientazione, perché l’omicidio avverrà in una stanza chiusa dall’interno, un topos del giallo classico e una delle sfide intellettuali più alte per ogni investigatore e per ogni scrittore di gialli.
Ora una domanda difficile per uno scrittore: descrivi La stanza delle illusioni con tre parole.
Direi impossibile, ricercato ed enigmatico. L’omicidio in una camera chiusa dall’interno, come dicevo prima, nel corso del tempo ha assunto i caratteri di un vero e proprio sottogenere, con John Dickson Carr quale maestro indiscusso. Sono appassionato di magia e illusionismo e la “camera chiusa”, rappresenta, come nell’esercizio di un mago, la sfida della mente sulla ragione, il reale dall’irreale, un modo per rendere possibile l’impossibile. Pertanto, quando decisi di scrivere il primo libro, fu questa la sfida alla quale volli sottopormi e per tale motivo il primo aggettivo che mi viene in mente quando penso alla Stanza delle illusioni è impossibile. Con ricercato, invece, voglio mettere l’accento sul lavoro di ricerca e sull’accuratezza degli elementi che compaiono nel libro. La trama è articolata, i personaggi complessi e il finale assolutamente a sorpresa, come nella migliore tradizione dei gialli del passato. L’ultimo aggettivo si riferisce, invece, com’è mia abitudine, ai numerosi enigmi presenti, ai codici, alle false piste che daranno anche al lettore più esigente filo da torcere. La riunione finale, inoltre, con tutti i sospettati è un “must” imprescindibile in ogni libro giallo che si rispetti.
Infine parliamo di te: quando hai deciso di dedicarti ai libri e chi sei oltre alla scrittura?
Ho cominciato come tutti da lettore. Se mi soffermo a pensare, riesco a rivedere il “me” bambino a dieci anni, a letto durante la convalescenza da una brutta influenza, con mio padre accanto che legge L’enigma dello spillo di Edgar Wallace. Da allora è stato amore a prima vista. Leggevo anche un libro al giorno in un tour de force che partiva dalla mattina e finiva a sera inoltrata. Poi, tredici anni fa, mia madre si ammalò molto gravemente e decisi di fare un giuramento: se si fosse salvata non avrei più letto un libro giallo. Per fortuna mia madre guarì, ma mi ritrovai, da un giorno all’altro, senza i miei amati libri. Quella fu la svolta, perché la mancanza fu talmente forte che sentii il bisogno di scriverne uno a mio uso e consumo. La cosa partì come un gioco, invece il libro risultò finalista al premio “Tedeschi” nel 2012, affermazione bissata nel 2014 con il secondo. Nel 2020 è stato pubblicato il mio primo libro L’ultimo rintocco, che ha avuto un ottimo riscontro di pubblico e di critica. Nel tempo libero dai libri mi dedico alla mia famiglia e, in particolare, ai miei tre figli: Nano, Mollusco e Belva e, come Richard, alle mie passioni: scacchi e matematica.