Classe 1963, Marco Speciale pubblicherà per AltreVoci Edizioni Terra sporca, un romanzo giallo in cui i lettori potranno incontrare, nel ruolo del protagonista, un personaggio già noto per chi ha letto i romanzi dell’autore. Stiamo parlando del vice questore Matteo Caserta. E per scoprire di più sul libro partiamo proprio dal personaggio principale.
Un vice questore diverso da quelli che siamo abituati a incontrare nei romanzi gialli…
Matteo Caserta ha una presenza scenica che già lo differenzia da certi cliché. È notevolmente sovrappeso e sfoggia una folta barba che gli è valsa il soprannome di Carlo Marx. Insomma, è tutt’altro che un adone. Beneventano, al Nord ormai da tre decenni, mantiene un atteggiamento di critica superiorità nei confronti di quello che potremmo definire il “mondo settentrionale”. Affronta con diffidenza il presente, lo disturbano i toni sovraeccitati del vivere sociale. Insegue giustizia ma senza inutili idealismi. I suoi modi compassati e ironici non devono ingannare. Conduce le indagini con lucidità e gli interrogatori sono i momenti privilegiati in cui dispiega il suo personalissimo stile investigativo. Amministra la sua squadra un po’ naif col rigore e l’affetto di un patriarca. Adora la sua famiglia, l’isola su cui sbarcare per salvarsi dalle brutture del mondo che lo assediano in commissariato. Il vice questore Matteo Caserta compare nel mio romanzo d’esordio del 2016. Poi ho ritenuto che si meritasse ben altro spazio ed è diventato protagonista degli altri miei libri. Terra sporca è il quarto.
Oltre ai personaggi, interessanti e unici nel loro genere, e a un’indagine serrata, il libro presenta anche piani temporali diversi: quali sono e (senza spoiler) perché li hai inseriti?
In Terra sporca ci sono due indagini retrospettive, sono funzionali alla narrazione e ritengo che diano spessore e profondità al romanzo. Ma se la prima è un viaggio a ritroso nella vita di uno dei protagonisti, la seconda è la ricostruzione di un drammatico momento della storia italiana: il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Sono convinto che l’uccisione dello statista democristiano sia uno snodo fondamentale per comprendere gli eventi dei decenni successivi. L’evoluzione trasformistica di uno dei personaggi del libro è drammaticamente esemplare proprio perché è correlata a quei terribili accadimenti, al clima irrespirabile di quei giorni.
Tre parole per descrivere Terra sporca.
Diretto, inquietante, coinvolgente. Ne aggiungo una quarta che mi auguro venga confermata dai lettori: appassionante.
Marco Speciale scrive gialli: in che segmento di questo genere ti inseriresti? Hai un autore (o più di uno) di riferimento?
Difficile darmi un’esatta collocazione. In Terra sporca, ad esempio, si possono ritrovare tracce del giallo classico deduttivo, ma il libro è per certi versi un poliziesco e non si può negare che, pur in assenza di toni enfatici, si tratti anche di un giallo-denuncia. E non mancano venature noir. Mettiamola così: spero di scrivere dei buoni romanzi.
Quanto ai miei punti di riferimento, non ho una stella polare ma piuttosto una costellazione di autori che ammiro. Ne citerò solo alcuni fra i più noti: Sciascia, Fruttero e Lucentini, Flaiano. E poi alcuni grandi autori americani: Roth, McCarthy, Carver. Last but not least, Simenon, L’uomo che guardava passare i treni è un capolavoro.
E oltre alla scrittura chi sei?
Per più di vent’anni mi sono occupato di adolescenti in qualità di educatore. I ragazzi mi hanno fatto venire i capelli bianchi ma devo ringraziarli, stare al loro fianco mi ha reso un uomo migliore. Attualmente sono impiegato presso una segreteria scolastica ma non è escluso che sia chiamato ancora a “scendere in campo”.
Nel tempo che mi rimane, fra un capitolo e l’altro di lettura o scrittura, mi prendo cura del mio giardino. La frase di Cicerone “Se avrai un orto vicino a una biblioteca, niente altro ti occorrerà” è stata citata troppo spesso ma contiene elementi di verità. Collaboro con l’Associazione “La biblioteca è una bella storia” che si occupa di progetti sociali legati alla lettura. Seguo con grande attenzione l’attualità, cerco di intuire la direzione che prenderà il vento della storia. Spesso ripenso alle parole di una canzone di Pierangelo Bertoli: “Con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”. Ecco, un po’ mi ci riconosco.