Nelle librerie e negli store online a partire dall’8 maggio, stiamo parlando del nuovo romanzo di Luca Arnaù: “Yeshua – Il Prescelto”.
Scopriamo insieme all’autore qualcosa di più di questa storia.
Il tuo nuovo romanzo ci porta nel passato lontano, in Giudea, chi è Yeshua?
Yeshua è il personaggio che ha cambiato la storia, colui per cui si parla di prima di Cristo e dopo Cristo. Per i cristiani è il figlio di Dio, per gli ebrei è un millantatore, un falso messia. Nel mio romanzo è un bambino ebreo, che cresce e diventa un uomo. Non mi esprimo sulla sua natura divina o umana perché non è questo il luogo per parlarne. Lascio a chiunque legge la possibilità di scegliere secondo la sua fede. In realtà i fatti della vita di Yeshua, attraverso i primi trent’anni della sua vita, fanno da filo conduttore a un romanzo corale, che racconta la vita di molti altri personaggi in un’epoca di forti contrasti, di guerre e ribellioni.
Quali sono gli altri personaggi centrali del romanzo?
Daniel, che è una sorta di fratello per Yeshua. Viene affidato da suo padre Aaron a Yosef, il falegname, e a Myriam, sua moglie, perché lo crescano dopo la morte della madre. E diventa una sorta di cronista per i fatti della vita del suo piccolo amico. Ma poi c’è Bar-abba, il Fantasma, uno zelota scampato alla croce che guida i ribelli contro le truppe di Decio Furio Salario, il Macellaio di Roma, incaricato di sedare la rivolta. Sono entrambi innamorati di Rahel, la bellissima ribelle che viene rapita e portata nella città eterna come dono per l’imperatore Augusto. C’è anche una storyline che riguarda Beltshar, il principe dei magoi, e i suoi due compagni, Kasper e Mahelkior, grandi sacerdoti del Dio unico Ahura Mazda finiti nel mirino di Herodes il Grande. Insomma, “Yeshua Il Prescelto” è un libro corale, un affresco di un periodo storico epico e affascinante.
Quanto è stato complesso studiare per scrivere “Yeshua Il Prescelto” e quali sono i testi di riferimento della tua ricerca?
Molto. La religione ebraica è bellissima e complicata e la vita sociale del tempo ne era permeata. Lo era nei modi di dire, nelle benedizioni, nelle preghiere. Una ritualità antica e complicata. Per essere un popolo che non pronuncia mai il Nome di Dio, gli ebrei hanno mille altri modi per inserirlo ugualmente in molte delle frasi che pronunciano. Il rapporto con la divinità è quotidiano, quasi familiare. Baruch HaShem che è traducibile con “Grazie a Dio”, è quasi un interiezione continua. Quindi per tradurre tutto questo in una quotidianità storica credibile mi sono fatto aiutare da Davide Frumento, che è un poeta ebreo, che mi ha introdotto alla religione e corretto gli errori più importanti. Per quanto riguarda la parte romana, invece, mi sono fatto aiutare da Andrea Oliverio che è un autore di libri bellissimi che si svolgono in quell’epoca. Per cercare i fatti della vita di Yeshua, poi, ho letto tutto quello che ho trovato. Volevo un Yeshua umano, reale, com’è raccontato dalle cronache del tempo, dal Vangelo di Giuseppe il Falegname al Protovangelo di Giacomo, da quello di Yehudah e quello della Natività.
Come è nata l’idea di scrivere questo romanzo?
Proprio dalla voglia di scoprire questo personaggio nella sua umanità. Un uomo capace di stravolgere la storia del mondo, destinato a cambiare ogni cosa. Fino a diventare per molti un Dio. Insomma, è la genesi di una messia.
Tre parole per descriverlo:
Boh, credo che sia meglio che provino i lettori a dare una risposta. Io ho cercato di scrivere un romanzo che non abbia né le ambizioni di svelare verità nascoste, né di convincere qualcuno a cambiare idea. Non è un libro religioso, anche se cerco di rispettare tutte le idee. Dovessi dire a cosa assomiglia… forse citerei “Ben Hur”, “Il Gladiatore”, “Spartacus”. Ci sono battaglie, duelli, un bel po’ di sangue come in tutti i miei libri. Rispetto ai miei romanzi passati manca la componente thriller, ma c’è forte quella d’avventura.
La tua citazione preferita tratta da “Yeshua Il Prescelto”
Direi che il sunto sta tutto nel prologo che Daniel scrive in prima persona per spiegare il perché ha deciso di raccontare la storia di Yeshua: “Ancora oggi non so se Yeshua fosse o meno il Mashiach d’Israel, l’eletto atteso da tutti gli ebrei, come sostengono in molti. O addirittura il figlio di HaShem come dicono i suoi seguaci. Personalmente ho sempre saputo che fosse solo il figliolo di abba Yosef, ma forse la mia mente è troppo limitata per riuscire a leggere nella maniera corretta i fatti incredibili che mi accingo a raccontarti”. Descrive esattamente come io mi sono posto di fronte alla “più grande storia mai raccontata” per riscriverla da capo…
Nei tuoi romanzi prediligi l’ambientazione storica e i misteri, c’è una ragione specifica oppure in futuro potremo “leggerti” alle prese con un nuovo genere?
Vi svelo una cosa. Il mio primo libro, “Le dieci chiavi di Leonardo”, si svolge nel Rinascimento per caso. In realtà avrebbe dovuto essere ambientato a Firenze ai giorni nostri e avere come protagonista un giornalista di nome Leonardo. Ma poi mi sono detto: perché non usare il vero Da Vinci. E da lì è cominciato tutto. A conti fatti adoro viaggiare nella storia, mi immergo totalmente nelle pagine, nelle descrizioni. Amo usare i termini del tempo e il linguaggio dell’epoca. Perché mi affascinano le parole, le curiosità, la quotidianità della storia. Ora per esempio sto vivendo nel 1446 a Edirne, la capitale dell’Impero Ottomano…
E invece qual è il tuo autore o i tuoi autori di riferimento?
In Italia Matteo Strukul che è anche un amico e che è il miglior “storico” attuale. Poi Emilio Salgari che è il mio mito assoluto e i grandi classici: Verne, Dumas, Melville… Tra i contemporanei adoro Andera Camilleri e Antonio Manzini. Mi piacciono i gialli di Antonio Lanzetta e di Niky Marcelli. Per gli stranieri direi Joe R. Lansdale, Stephen King, Jeffrey Dever, Kathy Reichs. Tra gli autori di romanzi storici adoro Bernard Cornwell, George RR Martin e soprattutto Gary Jennigs: ho letto il suo “Nomadi”, un librone di oltre mille pagine, tante volte da consumarlo e arrivo sempre in fondo con le lacrime agli occhi.
Ti senti più a tuo agio nei panni di scrittore o in quelli di giornalista?
Io nasco giornalista, ma sogno di essere uno scrittore. Diciamo che sono uscito dal liceo che sapevo fare solo due cose: suonare il basso in tutte le band heavy metal e punk che trovavo a Genova e scrivere. Con la musica morivo di fame. Per fortuna da allora sono riuscito a vivere di parole e con le parole. Ho fatto lo sceneggiatore di film e di serie tv, l’inviato in giro per il mondo, ho scritto romanzi, articoli su decine di giornali, ho diretto testate storiche come “Tutto”, “Eva 3000”, “Top Salute” ed “Epoca”… Insomma, ho trasformato una passione in un lavoro. Cosa posso chiedere di più?
“Yeshua – Il Prescelto” di Luca Arnaù è disponibile sul nostro sito.