Lo straordinario viaggio di un gigante buono.
II grande Hans, il nuovo romanzo di Daniele Grillo
Daniele Grillo, genovese doc classe ’79, giornalista di cronaca de «Il Secolo XIX» e scrittore affermato di gialli e noir, approda ad AltreVoci Edizioni con un romanzo lieve, scritto a tinte pastello, tenero e commovente: Il grande Hans, in uscita la prossima primavera.
Grillo ambienta il suo nuovo romanzo fuori dall’Italia, portando per mano il lettore dentro una storia avvincente ambientata in location semisconosciute e spettacolari. Il grande Hans, confusionario inventore di cose inutili e scrupoloso commesso viaggiatore, ci serba un finale da supereroe, un inno alla speranza nascosto in un bottone.
Ma chi è il grande Hans?
È un tipo un po’ particolare, a partire dall’altezza, perché è alto due metri e diciotto centimetri. Colleziona orologi a cucù, vive in una bella villa sul lago Attersee, in Austria, e ha tutto quello che un giovane pensionato potrebbe sognare per gli anni di libertà che lo aspettano. Ma un giorno decide di partire…
Dopo esperienze nel campo del racconto giallo hai cambiato registro, pubblicando un romanzo che si può leggere come una favola.
Avevo in testa questa storia da parecchio tempo, e la voglia di dedicarmi a una narrazione più leggera, ma al tempo stesso interiore, mi bruciava dentro da un po’. Volevo dare vita a un racconto leggibile a più livelli, mettendo lettrici e lettori di fronte a una possibilità di scelta. Una favola, sì, ma anche un percorso che può generare domande importanti. Spero di esserci riuscito.
In un periodo in cui vanno per la maggiore i romanzi veloci, ti sei cimentato in una narrazione che induce alla lentezza, alla meditazione, al ricordo. È questo il messaggio che vuoi veicolare?
Il grande Hans non è una storia di ribellione al cambiamento, tutt’altro. È, anzi, un invito ad agire, a non considerare la vita un collage di cose che accadono perché devono accadere. Non ho mai saputo a quali illustri romanzi accostare l’ispirazione alla base dei miei noir. Questa storia invece la vedo piuttosto vicina a racconti come quelli scritti da un’autrice islandese che amo, Auður Ava Ólafsdóttir, e a un film capolavoro che non smetterei mai di rivedere, citato anche dal mio editor che non conosceva questa mia passione: Big Fish.
Questa traccia è da considerarsi definitiva o un diversivo prima di tornare al giallo?
Non abbandonerò la strada del giallo, ma neppure questo nuovo romanzo rappresenta un diversivo. Amo i misteri e le storie semplici. E se funzionano, perché i lettori apprezzano quello che riesco a portare su carta, continuerò a muovermi su entrambe le strade.
I tuoi racconti sono spesso scritti a due mani con la tua compagna. Il grande Hans è una prova di maturità?
No, ma è la storia che ho nelle corde da quando ho iniziato a giocare con le parole per creare qualcosa di mio, più o meno a tredici anni. Ed è la storia che vorrei leggessero prima o poi i miei figli. Non so se sia una prova di maturità. Mi accontenterei, piuttosto, di essere riuscito a conservare, lucidare e proporre – in maniera magari tecnicamente più organizzata, ma neppure troppo – il limpido entusiasmo di quel tredicenne.
Intervista a cura di Aldo Boraschi
Copyright fotografia dell’autore: Astrid Fornetti